Cose che non sorprendevano due anni fa: che una donna identificata come trans, ancora in casa con i genitori a quasi trent'anni, andasse in una sparatoria e che pochi giorni dopo la portavoce di Joe Biden dicesse dei giovani identificati come trans "questa amministrazione li sostiene." Cose che non sorprendono oggi: che un uomo identificato come trans, che si era pentito di "aver fatto il lavaggio del cervello" a se stesso pensando di essere una donna, andasse in una sparatoria e il sindaco di Minneapolis, noto per essersi commosso davanti alla bara di George Floyd, si scagliasse contro la "demonizzazione" delle persone trans. Non si tratta di demonizzare nessuno, ma di comprendere la cascata di contagioni sociali online che ha distrutto la psiche dell'assassino, di cui l'identificazione trans era una particolarmente dannosa e destabilizzante che lo ha reso suscettibile ad altre contagioni, peggiori. Il contagio trans era particolarmente importante perché è un contagio che le classi professionali americane lavorano instancabilmente per propagare ai bambini fin dalla più tenera età e per affermare in chiunque ne sia coinvolto, lasciando così molte comorbidità di salute mentale che danno origine all'ideazione trans non affrontate e lasciate a marcire, mentre drenano energia mentale che potrebbe essere utilizzata per guarire in una ricerca compulsiva e futile di una fantasia illusoria che non potrà mai essere vera.
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